Metalli e sviluppo sostenibile, il caso del Nichel

Dott. Geol. Vito Meggiolaro

Grazie alle loro proprietà naturali e a quelle che acquisiscono lavorati e dosati in leghe, i metalli rappresentano una componente fondamentale dello sviluppo tecnologico. Non a caso, la capacità di estrarre e lavorare i metalli viene utilizzata dagli archeologi per individuare le principali tappe dello sviluppo agli inizi dell’umanità: età del rame, età del bronzo (lega rame-stagno) età del ferro. In epoca più recente la disponibilità di materie prime da cui estrarre i metalli e delle fonti di energia necessarie per lavorarli ha determinato, e determina, la fortuna dei grandi paesi industriali. La storia degli Stati Uniti come potenza industriale inizia probabilmente nel 1855 con l’apertura della via d’acqua dei Grandi Laghi. La costruzione del canale St. Mary’s River rese possibile trasportare a costi bassissimi il minerale dei più grandi e ricchi giacimenti di ferro allora conosciuti, quelli del Mesabi Range in Minnesota, negli impianti di trattamento dei grandi giacimenti di coke della Pennsylvania.

Il consumo dei metalli nel corso della storia è andato sempre crescendo.
Si stima che la quantità totale di rame estratto dalla preistoria agli inizi del XIX secolo sia pari a 4 Mt (= milioni di tonnellate). Il rame usato nel corso del XIX secolo è stato pari a 9,5 Mt e quello prodotto solo nella prima metà del Novecento è arrivato a 60 Mt. Negli anni ’60 il consumo annuale era di circa 6 Mt. Con questi ritmi di crescita è giustificato porsi il problema della disponibilità delle materie prime e, più in generale, delle risorse naturali. Le risorse naturali, come aria, acqua, materie prime, cibo, legname, vengono distinte in rinnovabili e non rinnovabili (o ad esaurimento). Quelle rinnovabili sono tipicamente legate ai cicli biologici delle piante che, come è noto, assorbono anidride carbonica dall’aria, grazie all’energia solare la combinano con l’acqua estratta dal suolo e producono carboidrati liberando ossigeno. Non rinnovabili sono le risorse utilizzabili una sola volta, come petrolio e carbone, o i metalli come ferro, rame, oro, nichel che, dopo un ciclo di utilizzazione, possono andare persi o essere riciclati ed utilizzati nuovamente. Il consumo di risorse naturali, rinnovabili e ad esaurimento e tra quest’ultime quello dei minerali dai quali si estraggono i metalli, è cresciuto nel secolo scorso in modo esponenziale ponendo, per la prima volta nella sua storia, l’umanità di fronte al problema se questo sviluppo sia sostenibile e per quanto.
Escluso che si possa rinunciare ai metalli molto può però essere fatto per un loro utilizzo razionale e compatibile con l’ambiente.

Il Quinto Elemento

Non lo sappiamo, o pur sapendolo non ce ne accorgiamo, ma il nichel è un costituente fondamentale di centinaia di migliaia di prodotti insostituibili, dall’ago alle petroliere. Componenti a base di nichel o con trattamenti al nichel sono impiegati nelle reti e nei sistemi di trasporto (su strada, su rotaia, navali, aerei e aerospaziali), come beni di largo consumo e commerciali (elettrodomestici, pentole, utensili da cucina, contenitori, strumenti medicali, articoli per l’arredamento, monete), nell’industria (chimica del petrolio e del gas, della produzione di energia, alimentare, tessile), nell’edilizia e nelle costruzioni (strutture portanti, pannelli, finestre, sanitari, cavi e forniture stradali).

Il nichel è un metallo di colore grigio-argenteo, lucente, ha densità di circa 9 kg/dm3, fonde a circa 1455 °C. Si ritiene che il nichel sia il quinto elemento quanto ad abbondanza della Terra, dopo Ferro, Ossigeno, Silicio e Magnesio, ma è concentrato essenzialmente nel nucleo (NiFe) del pianeta. Nella crosta terrestre, cioè nella pellicola spessa mediamente circa 30 km, che avvolge il pianeta si stima occupi il 24° posto con una concentrazione media di circa 0,008%, cioè 80 ppm (parti per milione) o mg/kg. In realtà, la concentrazione di nichel misurata nelle rocce che affiorano alla superficie della crosta terrestre, quelle cioè su cui poggiamo i piedi, è estremamente variabile: 1000-1500 ppm nelle peridotiti e serpentiniti; 100-200 ppm nei basalti; 10-20 ppm nei graniti; 0-50 ppm nelle rocce sedimentarie. Anche nei sedimenti attuali e recenti la concentrazione è variabilissima: da 300 ppm nei fondali dell’Oceano Pacifico, a 100 ppm in quelli dell’Oceano Atlantico, a 40 ppm nei sedimenti del fondo del Mar Mediterraneo.

I giacimenti minerari sono volumi della crosta terrestre nei quali un dato metallo presenta concentrazione e caratteristiche tali da consentirne lo sfruttamento in modo economicamente vantaggioso. I giacimenti di nichel sono di due tipi, distinti in base al meccanismo di formazione. I giacimenti di origine magmatica sono costituiti da concentrazioni di solfuri di nichel (essenzialmente pentlandite), hanno un contenuto di metallo mediamente compreso tra 0,5 e 2%. I più noti sono i giacimenti di Sudbury in Canada, di Noril’sk in Russia, di Kambalda in Australia. I giacimenti residuali, o lateritici, si sono formati in ambiente tropicale per alterazione di peridotiti indotta dagli agenti atmosferici. A seguito dell’alterazione il nichel viene liberato dai minerali nei quali è contenuto e ridepositato in forma di ossidi idrati o di silicati. Nel primo caso si formano le lateriti nichelifere, cioè lateriti con tenori di nichel in genere non superiore all’1% ma con enormi riserve. Nel secondo caso si formano i giacimenti di silicati di nichel (garnierite) come quelli della Nuova Caledonia con 1,5% di nichel ma dove, nel passato sono stati coltivati volumi con tenori di metallo fino al 10%.

Nel territorio dell’Unione Europea vi sono piccoli giacimenti, a solfuri di nichel in Finlandia e lateriti nichelifere in Grecia, con una produzione complessiva annua di circa 20.000 t di nichel metallo. Nei 15 paesi dell’Unione Europea si consumano attualmente circa 0,7 Mt di nichel all’anno, di queste circa il 90% per la produzione di acciaio inossidabile, acciai speciali e leghe non ferrose e il restante 10% per trattamenti galvanici e altri impieghi (catalizzatori, batterie). Di questa enorme quantità di nichel, più del 40% (cioè circa 0,3 Mt) si stima provenga dal riciclo.
Che a partire dagli inizi del secolo scorso, con la metallurgia dell’acciaio inossidabile, il nichel sia entrato prepotentemente nella nostra vita è un dato di fatto documentato anche dall’andamento dei consumi. Praticamente nullo agli inizi del 1900, il consumo di nichel estratto dai giacimenti è cresciuto nel mondo in modo pressoché esponenziale, fino a raggiungere 0,5 Mt/anno a metà degli anni ’60 e 1 Mt nel 2000. Estrapolando (ancorché arbitrariamente) i dati relativi all’Unione Europea alla scala del pianeta risulterebbe che oggi il nichel ricavato dal riciclo è pari a circa 0,7 Mt/anno, cioè più dell’intero consumo annuo degli anni ’70. Se poi ipotizziamo in circa 20-30 anni la durata media del ciclo di “vita” utile dei prodotti contenenti nichel ne deriva che oggi stiamo riciclando l’intera produzione degli anni ‘70. In realtà, per quanto il riciclo del nichel – soprattutto nell’acciaio inossidabile – abbia raggiunto livelli ragguardevoli, molto resta da fare, in particolare per i prodotti di largo consumo, la cui composizione non è immediatamente riconoscibile e non sempre si sa se possano essere riciclati o meno.

Il marchio Infinitely Recyclable apposto su questi prodotti, la cui riciclabilità è stata accertata mediante ricerche e sperimentazione può contribuire a colmare questa lacuna a tutto vantaggio di uno sviluppo sostenibile.

Vito Meggiolaro
Geologo, laureato con lode a Padova nel 1982, membro di SGA e SIMP, è attivo da oltre 15 anni nel settore della prospezione ed esplorazione geologica per minerali metallici ed industriali e per pietre ornamentali. Ha maturato grande esperienza avendo operato in 34 paesi in Europa, USA, Australia, Africa, Asia e America del Sud.
Ha partecipato in veste di tecnico, di manager scientifico o project manager in 8 progetti di ricerca Europei in ambito Brite Euram. Numerose le sue pubblicazioni sia nel campo geologico-minerario sia nel campo della conservazione ambientale.
Dal 1998 collabora come consulente scientifico con Assogalvanica ed Ecometal. In tale veste ha curato la partecipazione al progetto di ricerca SORPMET (Brite Euram, Contract BRPR-CT98-0786) ed è attualmente incaricato della ottimizzazione del progetto Infinitely Recyclable.